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ATOMAA significa Persone

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ATOMAA è più dei progetti che realizza, significa PERSONE. Nel corso degli ultimi anni, amici, colleghi e clienti hanno modellato il nostro studio, rendendolo un luogo di ricerca, scambio e, in qualche modo, una seconda casa. Al centro di tutto, la persona: il cuore pulsante di ogni progetto e la fonte ispiratrice della nostra creatività.

Il più piccolo

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Questo è di gran lunga l’appartamento più piccolo che abbiamo pensato. La nostra miniatura milanese. Il rifugio in città di tre ragazze smart.

I metri quadri sono 21, poco più di una camera matrimoniale secondo le convenzioni. Ma le convenzioni ed i metri non fanno una casa. Che cosa serve davvero? Fino a quanto si può togliere ad un sistema di oggetti, funzioni e simboli per lasciare intatta l’idea della casa ed il conforto che ci procura?

Il rifugio primordiale non è molto di più che un focolare ed uno spazio protetto per il riposo. Ma se il rifugio si trasferisce in centro, allora ha bisogno di uno spazio in più, quello consacrato allo spirito della città. Di questo e poco più è costituito: una alcova dietro un paravento, una piccola cucina, un living, e le nostre cose più care.

Qui due finestre guardano un silenzioso cortile e tre alberi di magnolia. E sono abbastanza in alto da inquadrare un pezzo di cielo privato. Fuori, appena oltre la cortina di un edificio anni 20, la città del design con le sue scuole internazionali (lo IED è girato l’angolo) e le sue pasticcerie rinomate.

Queste sono le doti di questo piccolo scrigno, residuo di un frazionamento spericolato degli anni 80: il silenzio e la luce dei due affacci. ​

La suddivisone degli anni 80 dedicava al bagno una delle due vedute; l’altra ad una piccola stanza da letto. Nessuna invece ad un ingresso che negli anni ha finito per ospitare lo spazio del pranzo.

L’istinto iniziale è stato quello di dare nuova vita a questa coppia di finestre e di regalarla allo spazio principale della casa. Che una di queste riempisse di luce l’ingresso e la seconda si svelasse non appena varcata la soglia accompagnando lo sguardo ad una vista diagonale, la più lunga possibile.

Abbiamo voluto articolare lo spazio, assieme ai suoi gradi di intimità, attraverso il gesto più semplice possibile: una quinta muraria bianca (che crede di essere un paravento) nel suo allontanarsi ed avvicinarsi ai muri esterni nasconde lo spazio appartato del bagno, disegna la spazialità della dinette, e diventa infine il riparo di una piccola e accogliente alcova. I livelli su cui poggiamo i nostri piedi cambiano in questi tre spazi: l’obbiettivo è quello di curarne le proporzioni.

Quando la pianta su cui lavori è un rettangolo di 6 metri per 4, ogni cosa sembra troppo vicina, ogni spazio troppo verticale, ogni arredo ingombrante. Allora, ricordandoci di Eames e della sua stanza, abbiamo fatto ricorso a tutta la malizia necessaria, mettendo in atto i trucchi di un mestiere che stiamo imparando.

Lo specchio a tutta altezza, che per metà è porta del bagno e per metà è anta di uno stipo, raddoppia le dimensioni dell’ingresso e libera la quinta muraria dai suoi vincoli. Ma è anche l’utilissimo specchio dell’ultimo sguardo prima di uscire di casa.

La spazialità è allargata dal disegno orizzontale dell’arredo, il quale non supera mai le due altezze ancestrali: quella del lavoro in piedi e quello della seduta.

Le forniture nascondono così i segreti nella parte più bassa del loro volume, lasciando alla leggerezza di strutture più esili il compito di mettere in mostra gli oggetti più belli.
L’alcova (al-Kubba!), se vuol essere tale, deve avvicinare il suo soffitto: il piano del letto è più alto rispetto al solito suggerendo l’idea che il riparo sia tale solo quando crea un po’ di distanza dal mondo.
Il colore blu della parete di fondo è un trucco che aumenta la profondità del living ma è anche il colore giusto per avvolgerti al risveglio.

Quando lo spazio è poco allora deve essere flessibile e piacevolmente ambiguo: quello che alle 7 è una cucina alle 9 è il mio piccolo cinema. A rendere possibile questa doppiezza sono gli oggetti d’arredo speciali, che aperti evocano una spazialità, chiusi tutta un’altra.

Il tavolo da pranzo è tondo e più generoso di quello che si potrebbe pensare per il nostro piccolo rifugio urbano. Anche la sua metamorfosi si svolge in due mosse: il piano si ritrae per trasformarsi in una tela bianca a parete dalla curiosa forma circolare, mentre la mensola che lo sostiene diventa lo schienale di una panca che si allunga sotto le grandi finestre.

La cucina ha un backsplash di acciaio che si richiude in due movimenti nascondendo fuochi e acqua, e alleggerendo lo spazio dal disordine. Questo gesto e la sua forma curva lo fanno assomigliare ad una cassapanca o a una consolle, due oggetti che subito ci riportano all’immaginario del piccolo salotto.

Il letto-alcova infine contiene in sé tutti gli elementi della piccola camera da letto, quasi fosse un piccolo scrigno, il baule che contiene i nostri vestiti più utili al nostro piacevole viaggio in città.

La sua testiera, abbastanza profonda per ospitare le letture della buona notte, nasconde comodi stipi. Il suo piano si solleva ed una piccola porta ci da accesso ad una piccola personale cabina armadio a due fronti.

Un cassetto segreto, presente nella parete attrezzata del living, diventa il comodo gradino che ci consente di rintanarci sul piano della accogliente alcova.

Questi spazi, seppur vivi nelle trasformazioni, vogliono trasmettere un senso di calma serenità. Per questo abbiamo pensato ad una palette materica ristretta e verace: ciò che è fatto di legno rivela la sua essenza vitale, ciò che è metallico mostra la sua siderale lucentezza. Il tutto è pensato per favorire la luce e i suoi riverberi: le pareti intonacate del living bianche disvelano i colori accesi degli spazi più raccolti ed intimi.

Una piccola finestra sopra la cucina-consolle illumina lo spazio col riflesso rubino di cui è rivestito il bagno, dove la piestrella zellige fatta a mano vuole evocare l’intimità vaporosa di una piccola e personale spa. In un gioco ambiguo (e divertentissimo da progettare) lo specchio dell’acquaio diventa trasparente nella sua parte più alta per consentire l’ingresso della luce naturale che proviene da oltre il muro.

Ma è il pavimento, che tutto lega, la matericità di cui siamo più felici. Perché contiene in sé e nel suo disegno di carattere, l’anticonformismo spregiudicato delle tre ragazze smart e la traccia della mano sapiente dell’artigiano che lo ha composto. Tanti campioni e tanto divertimento.

CREDITI

Cliente: Privato
Tipologia: Micro Living
Luogo: Milan, Italy
Anno: 2024.03
Mq: 21
Progetto architettonico: ATOMAA
Gruppo di progettazione : Umberto Maj, Andrea del Pedro Pera, Cesare Galligani, Bianca Magi, Fabio Figaroli
Visualizzazioni: Beatrice Fistarol
Fotografia: Alberto Strada

Partner del progetto

Impresa: Relazioni Edili RE
Falegname: Roncoroni Legno
Finestre: Fratelli Bergamaschi
Porte: Roncoroni Legno
Fabbro: Roncoroni Legno
Pavimento bespoke: Mosaic Factory