Archive for Novembre, 2022

ATOMAA nella pubblicazione “EMERGING EUROPEAN PRACTICES” di New Generations

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Ce lo insegna Alvaro Siza:

"Gli architetti non inventano nulla, trasformano la realtà"

I primi passi
Abbiamo iniziato all'università con una gita a Brno, che ha portato a innumerevoli birre e discorsi su cosa vorremmo essere da grandi. Poi da uno spazio seminterrato con tavoli da ping pong e Casabella, dopo lunghe notti di collaborazione e brainstorming, lavoravamo instancabilmente alla nostra tesi di laurea. Ad un certo punto è arrivata la diaspora: i 'Foz do Douro; l'antico teatro di Epidauro il Deserto di Atacama; nel tempo rimasto abbiamo fatto anche qualche concorso. Seguono diversi tirocini: presso Chipperfield Architects, Onsitestudio, e periodi di ricerca, presso il Politecnico di Milano. Dopo tutto ciò, in una notte, mantenendo una tradizione di 15 anni di bere una birra insieme, è nata la decisione di provare a fare tutto insieme; e così iniziò ATOMAA.

Onorare l'inaspettato
In uno dei nostri progetti di ristrutturazione di un vecchio appartamento, rimuovendo il pavimento in legno, si è rivelata una configurazione aspra ma bellissima: sotto, dopo decenni di occultamento alla vista, si è rivelata una pianta irregolare completa in sé, dimenticata anche da chi lo aveva prodotto molto tempo prima. L'immagine dell'originaria sottostruttura pavimentale posata in modo apparentemente casuale ma efficace evidenzia il lavoro di un artigiano locale in cui la mano dell'uomo sembrava essere l'unica regola. Abbiamo quindi deciso di onorare quel gesto dimenticato riportandolo in vita e rappresentandolo nel nuovo pavimento in cemento. L'idea è stata subito apprezzata dal cliente e ci è stato permesso di creare un pavimento davvero unico.

Mantenere la calma e un sano equilibrio
Cerchiamo di mantenere un equilibrio tra il nostro lavoro e la vita privata. Cerchiamo di tenere chiuso lo studio nei fine settimana e incoraggiamo anche i nostri colleghi e collaboratori a seguire un buon equilibrio orario. Crediamo che le cose che impariamo semplicemente vivendo siano utili per il design tanto quanto il tempo trascorso in studio. Non sarai mai in grado di progettare una buona cucina se non sai cucinare un buon piatto. Anche se l'organizzazione del tempo nei processi progettuali contemporanei è spesso frenetica, pratichiamo la 'Resistenza': ci prendiamo il tempo per discutere i progetti in corso in modo lento e calmo e poi prendiamo decisioni calcolate e lavoriamo anche a mano. Costruiamo modelli per studiare i dettagli; usiamo schizzi a mano libera per aiutarci a ragionare e sviluppare idee; usiamo mood board di campioni di materiali reali, che è semplicemente insostituibile. Le discussioni di gruppo durante quelli che chiamiamo "project workshops", ci permettono di riunirci e di presentare idee attorno a un tavolo e questo ha costituito l'essenza del processo di progettazione di ATOMAA.

Doppio ufficio
Ci siamo appena trasferiti in un nuovo spazio di lavoro a Milano in una zona chiamata Nolo, uno dei nuovi distretti del design della città. Il nostro ufficio, situato al piano terra, ha due vetrine sulla strada che ci mettono in contatto con il mondo che passa, mentre il retro dell'ufficio si apre su una corte interna, un'oasi urbana silenziosa e rigogliosa che fiorisce in primavera. Al piano terra abbiamo un open space operativo con due tavoli di lavoro collettivi, un tavolino per revisioni progettuali in mobilità e una zona relax. Al piano inferiore, sotto un bellissimo soffitto a volta in mattoni, abbiamo sia una stanza più riservata adatta per i momenti piuttosto meditativi che per gli incontri quotidiani con il nostro ufficio di Edimburgo. Abbiamo anche un laboratorio dedicato per la costruzione di modelli e l'elaborazione del campione.

L'atto collettivo del costruire
Certo, anche noi ci siamo laureati con la voglia di fare grandi edifici (le nostre 3 tesi erano una biblioteca, un museo e un grattacielo). Attualmente stiamo lavorando su architetture domestiche, spazi interni e piccole case. Lavoriamo quasi sempre in contesti preesistenti e palazzi antichi nel centro di Milano, così come in contesti rurali delle Alpi, o del centro Italia. Nel tempo sono emersi aspetti comuni nel nostro processo creativo: uno di questi, forse il principale, è l'avversione alla 'tabula rasa'. Crediamo nell'importanza degli edifici, piuttosto che progettare un grande concorso solo come studio di idee. Crediamo nell'imparare mentre facendo, nel rispetto delle persone impegnate nel grande processo collettivo di costruire e nel valorizzare ulteriormente i materiali con cui costruiamo.

Capire il nostro posto
Il design non è uno scopo ma piuttosto un mezzo che ha come fine la ricerca della felicità. In un momento in cui questo diritto è accettato ed espresso da sempre più persone, è inevitabile una presa di posizione sull'uso di questo dono (materiale e umano). Ecco la nostra: abbiamo capito che la risposta può non venire necessariamente da "invenzione" (ad esempio l'ultimo materiale sintetico, pensato per una super performance) ma piuttosto da reinterpretazione, riuso e trasformazione. L'idea alla base di questa modalità operativa è quella di ridurre lo "spreco" (che spesso ha a che fare con l'attribuzione del valore che diamo le cose).

Pertanto, la nostra ricerca sul microabitare ha al centro la riduzione dello spazio sprecato, ed è meglio utilizzarlo dove è già stato trasformato, ovvero il centro della città in cui si trova. Il passato infonde in noi un fascino pari a quello del futuro: è in fondo uno scrigno di soluzioni geniali a domande molto pratiche una volta poste, in un mondo in cui produrre (e consumare) energia era meno facile.

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